L’atrio del Collegio dopo i bombardamenti su Milano del 1943 e a seguito della ristrutturazione.
«I sei collegi per studenti e il nuovo collegio per perfezionandi e assistenti adempiono invece ad una funzione diversa. Agli studenti si offre l’ambiente proprio ad una vita comunitaria che affina il senso sociale, concorre alla formazione della personalità, prepara all’inserimento nella compagine professionale, suscita il senso dell’appartenenza e della corresponsabilità alla vita civile e politica. Si offre loro inoltre un’atmosfera propizia all’approfondimento delle conoscenze acquistate nella scuola e a quell’arricchimento e a quell’integrazione culturale che solo la vita in comune fra i giovani di diversa formazione scientifica può dare. Con l’istituzione dei collegi, la nostra Università ha inteso anche far rivivere l’antica tradizione di gruppi di studenti fortemente legati da un comune proposito di elevazione culturale, per i quali la vita di collegio costituiva un potente e fecondo elemento di emulazione. Evidentemente questi benefici culturali, scientifici e umani sono limitati ad una minoranza degli iscritti: sono 592 i giovani e le giovani ospitati nei collegi in confronto alle varie migliaia di nostri studenti». (F. Vito, Il contributo delle Università alla ricerca scientifica, in Storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Le Fonti, I, I discorsi di inizio anno, a cura di A. Cova, Vita e Pensiero, Milano 2009, pp. 489-90)
«Gli anni di guerra portarono la devastazione fisica nei chiostri del Bramante. I danni maggiori vennero a metà agosto 1943. Nella notte del 14 una bomba dirompente scoppiò nel cortile antistante la cappella del Sacro Cuore, bombe incendiarie caddero sugli edifici circostanti; la notte del 15 un’altra potente bomba distrusse l’ingresso e lo scalone monumentale, l’atrio d’onore, l’aula Pio XI. Il collegio Marianum venne distrutto completamente, gli altri due collegi furono gravemente danneggiati.
I focolai d’incendio durarono diversi giorni. Gemelli, Piero Panighi e Armida Barelli «immobili ed impotenti, [videro] le fiamme uscire dalle finestre dei magazzini e degli ammezzati, per nulla diminuite dalla poca acqua delle pompe, alimentate invece dai libri, dalle carte, dal legno degli uffici». Era giunta, scrisse Olgiati, «l’ora della prova». Confortato dal sostegno di Pio XII e del cardinale Schuster, Gemelli avviò subito la ricostruzione. La tempestività di questa scelta consentì di contenere in 52 milioni di lire i costi complessivi, cifra pur impegnativa e tutta a carico dell’Ateneo, e fece salvi dal pesante innalzamento dei costi edilizi dell’immediato dopoguerra. Nel novembre 1943 l’Università riprendeva a funzionare; nel gennaio 1944 ricominciavano le lezioni». (A. Carera, in Storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Le istituzioni, IV, Per una comunità educante, Vita e Pensiero, Milano 2010, p. 80)